Le Monica Lewinsky sono sempre esistite, sembra ricordarci The Front Runner. Anche nel nido puritano degli Stati Uniti pre-Clinton. Ascesa e caduta politica di Gary Hart, carismaticissimo senatore del Colorado che nel 1988 sembrava destinato alla presidenza USA per il partito democratico. In cima a tutti i sondaggi, cadde lì dove nessuno aveva previsto: uno scandalo sessuale minò la sua credibilità pubblica. La sua relazione extra-coniugale con la giovanissima Donna Rice (oggi produttrice cinematografica e scrittrice) fu scoperta dal Miami Herald e rappresentò l’inizio della fine. L’incontestabilità delle prove lo fece crollare nei sondaggi portandolo a ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca.

Cherchez la femme, insegnava Alexandre Dumas padre. Jason Reitman fa suo il mantra con il nuovo bio-dramma su come un politico affidabile, amato e animato da buone intenzione, riuscì a inciampare a causa dei suoi ormoni.

È un peccato che nella prima parte la pellicola sia verbosa e rigurgiti dialoghi farciti di stereotipi sui team che stanno dietro la comunicazione di un politico: parole a valanghe rendono torbido l’obiettivo di Reitman, reso ancora più sfocato da una regia che finge l’approccio docu-fiction, tra camera a mano e una fotografia inaccurata ad arte, e una colonna sonora tutte percussioni a completare il mediocre quadro narrativo.

Fortuna vuole che The Front Runner torni a impennarsi quando affonda le mani nel torbido della dubbia moralità del suo protagonista: perché Hart, sulle prime, negò tutto, e insieme al suo staff ottenne anche un certo successo nello screditare la stampa che aveva fatto scoppiare lo scandalo. Ovviamente prima che le evidenze (provvidenziali scatti usciti dal cilindro di un fotografo anonimo) lo inchiodassero.

Reitman non sa affrontare il dramma domestico (lo strappo con la moglie e la figlia) con profondità di visione, ma racconta la menzogna e la caduta del politico con una lucidità che le premesse non lasciavano sperare.

La sceneggiatura scritta a sei mani da Reitman con il giornalista Matt Bai e il consulente politico Jay Carson, pur non sapendo infondere a The Front Runner naturale credibilità, ben riesce a ritrarre l’isterico ginepraio nascosto dietro la ricerca del consenso. E’ giusto che la vita personale influenzi quella pubblica? Chi e’ inaffidabile come marito puo’ godere di fiducia nel ruolo di guida politica?

Hugh Jackman sembra l’attore perfetto per incarnare il mix di fascino e ambigua ambizione del personaggio: dopo Les Misérables, Jackman consegna allo schermo una delle prove migliori del suo percorso professionale.

JK Simmons invece non si solleva dal gradino del caratterista tecnico nei panni del manager della campagna elettorale di Hart. Vera Farmiga, la moglie tradita, sa invece dare spessore alla sofferta complessità di una figura femminile, pur in un film più attento alle dinamiche della rivalità maschile e dei giochi di potere che innesca.


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